Stomachion

lunedì 27 gennaio 2014

Maus: di topi e stereotipi

Dopo Il complotto di Will Eisner, quest'anno ripropongo una recensione di Maus di Spiegelman. In questo caso, invece di modificare quella già esistente, l'ho riscritta mantenendo alcune parti e aggiungendone qualche altra.
Gli animali sono stati, sin dai tempi dell'Antica Grecia, il miglior veicolo per raccontare storie che contenessero una morale. Sono proprio nelle fiabe e nelle favole che si incontrano i primi animali con comportamenti e posture umani, e sono proprio gli animali che, nel 1945, sono protagonisti di una sorta di favola, un romanzo di critica politica come La fattoria degli animali. In questo caso George Orwell utilizza gli animali di una fattoria in una maniera sì allegorica e metaforica, ma sufficientemente esplicita da incorrere nelle censure e nelle difficoltà di pubblicazione:
If the fable were addressed generally to dictators and dictatorships at large then publication would be all right, but the fable does follow, as I see now, so completely the progress of the Russian Soviets and their two dictators, that it can apply only to Russia, to the exclusion of the other dictatorships.
Persino la scelta della casta dominante, i maiali, viene considerata una pessima scelta, nonostante sia, evidentemente, ben ponderata, un po' come quella compiuta da Art Spiegelman in Maus, dove gli ebrei vengono rappresentati come topi, i polacchi come maiali e i tedeschi come gatti. Maus, infatti, racconta, mescolando l'autobiografia dell'autore con il racconto orale del padre, vecchio e indurito dalla guerra, le difficoltà di essere ebreo prima e durante la Seconda Guerra Mondiale nell'Europa centrale. A differenza di Orwell, però, Spiegelman non nasconde nessuno dietro personaggi fittizi, o dietro metafore: l'unica metafora è la rappresentazione stessa degli esseri umani, e quella scelta in particolare di gatti e topi sembra suggerire l'inevitabilità dell'odio e dell'avversione. Non solo: la stessa scelta di rappresentare ciascun popolo protagonista di Maus con animali differenti sembrerebbe rinforzare più che criticare il punto di vista nazista, come suggeriscono Hillel Halkin (grazie a una sorta di doppia de-umanizzazione) o Harvey Pekar (che vede tali rappresentazioni come un rafforzamento degli stereotipi). D'altra parte quella suddivisione netta del mondo non viene apprezzabilmente modificata nelle scene ambientate nel presente, e se poi notiamo come nella seconda parte gli animali antropomorfi si trasformano in esseri umani con una maschera, quindi si trasforma la razza nazista in una scelta consapevole (per quanto magari imposta dalla nascita, come nel caso dell'autore), questa scelta stereotipata si trasforma come un messaggio importante al lettore, un suggerire come, nonostante la guerra, nonostante gli orrori, il mondo non sia apprezzabilmente cambiato, come sia rimasto sostanzialmente chiuso in gruppi ristretti che si nascondo dietro maschere più o meno tradizionali. E quasi a conferma di ciò ci sono le parole dell'autore, che ha affermato che queste metafore ... sono destinate ad auto-distruggersi e rivelano l'inanità della nozione stessa di etnia.
In ogni caso, al di là di tutti i discorsi accademici o delle varie possibili interpretazioni, mi piace concludere con le parole di Guglielmo Nigro, quelle stesse con cui conclude la sua recensione di Maus su LSB:
La personalità di Art Spiegelman, le sue infinite sigarette, le sue angosce personali (la madre suicida viene rappresentata con infinita tristezza e crudezza proprio in Maus), la sua acutezza mentale, la sua intelligenza sono un altro monumento (non voluto) all'uomo in crisi di fine millennio, ricolmo di rabbia inesplosa e di impotenza di fronte a una società incomprensibile.
Vincitore del Premio Pulitzer (il primo dato a un’opera a fumetti), studiato nelle scuole, testimoniato dallo stesso autore in mille e mille interventi e conferenze, Maus è Art Spiegelman, come Art Spiegelman sembra essere Maus. Sono la verità e l'onestà, che fanno di questo romanzo un capolavoro unico della fine del Novecento, un'opera da conservare come un regalo prezioso.

Leggi anche:
Il fumetto e la shoa di Simone Rastelli

domenica 26 gennaio 2014

Curiosità e scienza

La vignetta di sopra, dove Topolino e Pippo incontrano Leonardo da Vinci, è tratta da Topolino e il segreto della Gioconda (prima storia della serie della Macchina del tempo ad essere pubblicata) di Bruno Concina e Massimo De Vita. La frase che Concina mette in bocca a Leonardo è però un pezzo di una citazione di Giambattista Vico:
La curiosità è figlia dell’ignoranza e madre della scienza, la quale partorisce la meraviglia.

sabato 25 gennaio 2014

La fisica e la geometria delle particelle Pym

La super famiglia per eccellenza, i Fantastici Quattro, si sono meritati da tempo due serie regolari, la classica Fantastic Four e la gemella FF. Da un annetto e mezzo circa le due serie sono ripartite da 1 e a scriverle entrambe c'è Matt Fraction, un abile sceneggiatore entrato subito in sintonia con le atmosfere della famiglia, strutturando però i due serial in maniera diversa. Mentre Fantastic Four è diventato una sorta di Lost in space marvelliano, dove i Richards sono a viaggiare nello spazio-tempo (forse dispersi), su FF seguiamo le avventure dei loro sostituti, che oltre a dover salvare il mondo sono anche impegnati a gestire la Fondazione Futuro, una sorta di scuola per ragazzini dai superpoteri. Nella Fondazione Futuro ci sono vari insegnanti, che passano a dare lezioni sull'Universo Marvel e sull'ultimo numero scritto da Fraction (ultimo nel senso che dopo lascerà la testata a qualcun altro), lo sceneggiatore propone una lezione dell'Osservatore sulle particelle Pym, scoperte dall'eroe e scienziato Hank Pym, uno di quelli che non sai in cosa è laureato e poi quando te lo dicono pensi ma gli sceneggiatori lo sanno che ora gli scienziati sono specializzati e non tanti Pico della Mirandola?, un tipo esperto di fisica, nanotecnologia, intelligenza artificiale, biologia e altro ancora, come nemmeno Feynman e Majorana insieme!
A parte queste sottigliezze (si potrebbe dire la stessa cosa del Dottor Octopus, per esempio, o di Reed Richards) è interessante la lezione dell'Osservatore perché lega le proprietà della particella Pym a un modello geometrico, piuttosto naif, certo, ma che non è troppo differente da quello che si prova a fare nella fisica-matematica avanzata, dove sono proprio le simmetrie e le trasformazioni geometriche a fornire le proprietà al mondo fisico.

venerdì 24 gennaio 2014

Un problema matematico: le equazioni di Navier e Stokes

In meccanica dei fluidi, le equazioni di Navier-Stokes, sviluppate da Claude-Louis Navier e George Gabriel Stokes, descrivono il moto di un fluido nello spazio. Data la sua velocità $\vec{v}$, la sua pressione $p$, e la viscosità cinematica $\nu$, in presenza di una forza esterna $\vec{f}$, il moto delle particelle del fluido può essere descritto dalla seguente equazione differenziale vettoriale: \[\frac{\partial \vec{v}}{\partial t} + ( \vec{v} \cdot \vec \nabla ) \vec{v} = -\vec \nabla p + \nu \Delta \vec{v} +\vec{f}(\vec{x},t)\] Il problema è che, per ottenere delle soluzioni di questa equazione bisogna introdurre delle approssimazioni, che semplificano la ricerca delle stesse: ad esempio una delle maggiori difficoltà è determinare le soluzioni in presenza di turbolenze. A questo problema, soprattutto di natura fisica, va aggiunto un altro problema, di natura matematica: la difficoltà nel dimostrare, date le condizioni iniziali, l'esistenza di soluzioni continue delle equazioni. Date queste difficoltà, il Clay Mathematics Institute inserì questo nella lista dei sette Problemi del Millennio:

giovedì 23 gennaio 2014

Meditazione. Funziona.

Immaginando che questo articolo sull'esistenza di un effetto placebo per il sonno avesse a che fare con la meditazione (nessun riferimento esplicito, però...), ho fatto un breve giro su Scholar per vedere cosa trovavo sulla meditazione, scoprendo che:
Oxygen consumption, heart rate, skin resistance, and electroenceph-alograph measurements were recorded before, during, and after subjects practiced a technique called transcendental meditation. There were significant changes between the control period and the meditation period in all measurements. During meditation, oxygen consumption and heart rate decreased, skin resistance increased, and the electroencephalogram showed specific changes in certain frequencies. These results seem to distinguish the state produced by transcendental meditation from commonly encountered states of consciousness and suggest that it may have practical applications.
Robert Keith Wallace (1970). Physiological Effects of Transcendental Meditation. Science, Vol. 167 no. 3926 pp. 1751-1754. doi:10.1126/science.167.3926.1751
Ninety chronic pain patients were trained in mindfulness meditation in a 10-week Stress Reduction and Relaxation Program. Statistically significant reductions were observed in measures of present-moment pain, negative body image, inhibition of activity by pain, symptoms, mood disturbance, and psychological symptomatology, including anxiety and depression. Pain-related drug utilization decreased and activity levels and feelings of self-esteem increased. Improvement appeared to be independent of gender, source of referral, and type of pain. A comparison group of pain patients did not show significant improvement on these measures after traditional treatment protocols. At follow-up, the improvements observed during the meditation training were maintained up to 15 months post-meditation training for all measures except present-moment pain. The majority of subjects reported continued high compliance with the meditation practice as part of their daily lives. The relationship of mindfulness meditation to other psychological methods for chronic pain control is discussed.
Jon Kabat-Zinn, Leslie Lipworth, Robert Burney (1985). The clinical use of mindfulness meditation for the self-regulation of chronic pain. Journal of Behavioral Medicine, Volume 8, Issue 2, pp 163-190. doi:10.1007/BF00845519
We report for the first time significant increases in left-sided anterior activation, a pattern previously associated with positive affect, in the meditators compared with the nonmeditators. We also found significant increases in antibody titers to influenza vaccine among subjects in the meditation compared with those in the wait-list control group. Finally, the magnitude of increase in left-sided activation predicted the magnitude of antibody titer rise to the vaccine.
These findings demonstrate that a short program in mindfulness meditation produces demonstrable effects on brain and immune function. These findings suggest that meditation may change brain and immune function in positive ways and underscore the need for additional research.
Richard J. Davidson et al. (2003). Alterations in Brain and Immune Function Produced by Mindfulness Meditation. Psychosomatic Medicine, vol. 65, no. 4, 564-570. doi:10.1097/​01.PSY.0000077505.67574.E3 (pdf)
E si potrebbero allora riassumere così i vantaggi (o almeno alcuni dei vantaggi) della meditazione:
Reports that Ss during the practice of transcendental meditation manifested physiological signs of a wakeful, hypometabolic state:
(a) reductions in oxygen consumption, carbon dioxide elimination, and rate and volume of respiration;
(b) decreased blood-lactate level;
(c) slowed heartbeat;
(d) increased skin resistance, and
(e) an EEG pattern of slow alpha waves with occasional theta-wave activity.
These changes bore little resemblance to physiological changes associated with other relaxed states, e.g., sleep and hypnosis.
Wallace, Robert K.; Benson, Herbert (1972). Scientific American, Vol 226(2), 84-90. doi: 10.1038/scientificamerican0272-84 (abstract via psycnet.apa.org)
E torniamo al sonno: quando Eric Horowitz scrive:
The sleep placebo also suggests that finding a way to improve your sleep may be more important than you think. If you're able to convince yourself that your bedtime routine is working — whether it's reading, exercising, or eating honey — you might see the cognitive benefits of improved sleep even on nights when you don't actually sleep better.
sta in pratica sponsorizzando la meditazione come tecnica per migliorare la qualità del proprio sonno.
E ora proviamoci tutti insieme!!!
P.S.: la meditazione, comunque, funziona. L'ho provata, e ogni tanto ancora la uso, ma non con la regolarità che servirebbe...
P.P.S.: ovviamente tutti i grassetti nei passi citati li ho messi io. Mentre il post non mi sembrava il caso di aggregarlo, e non l'ho aggregato, che in fondo non ho detto un bel nulla. E questo è sicuramente un... post placebo!

mercoledì 22 gennaio 2014

Fiesta

1926. Parigi. Tra un ristorante e una balera, tra la compagnia di una ragazza incontrata a un caffè e un gruppo di amici, tra giorni che passano con il lavoro e notti in compagnia di una donna che sta aspettando l'arrivo del suo futuro marito dall'Inghilterra: passa così la vita di Jake Burns, giornalista e, probabilmente, alter ego di Hemingway, in uno dei primi romanzi del grande scrittore statunitense.
Esce uno spaccato della società europea, tra Francia e Spagna, del periodo tra le due guerre mondiali. Luci, balli, alcol, feste fino a tardi, rapporti al limite del legale (per l'epoca) dove sono le donne a comandare, in particolare Bret, innamorata di Jake, ma che non riesce a fermarsi per lui. E' un romanzo indubbiamente urbano, Fiesta, ma l'Hemingway degli spazi aperti e solitari, della vita semplice e a contatto con la natura esce fuori nella parte spagnola, quando c'e' da raccontare della pesca in riva al fiume: e sembra quasi di essere lì, tra i flutti dell'acqua che colpiscono i sassi, e i pesci che vengono gettati nel cesto mentre ancora si dibattono, e l'odore della loro carne mentre viene cotta al fuoco.
Poi però la fiesta finisce, e si torna, con calma, verso casa, in Francia, ed ecco uno dei passaggi più significativi:
Non puoi mai sapere se un cameriere spagnolo ti dirà grazie. Ma in Francia ogni cosa ha chiaramente una base finanziari. E' il paese dove è più semplice vivere. Nessuno complica le cose diventando amico tuo per qualche oscura ragione. Se vuoi essere simpatico alla gente, devi soltanto spendere un po' di soldi. Io spesi un po' di soldi e il cameriere mi prese in simpatia. Apprezzò le mie nobili qualità. Sarebbe stato felice di rivedermi e mi avrebbe voluto a uno dei suoi tavoli. E la sua simpatia sarebbe stata sincera perché avrebbe avuto una base solida. Ero di nuovo in Francia.(1)
Sembra quasi che Hemingway preferisca i rapporti basati sul denaro, ritenendoli più sinceri. E forse era una posizione condivisa da molti, quella che per certi versi e' diventata importante anche oggi.
Nell'anno del centenario dell'inizio della Grande Guerra, forse ragionare su quel periodo può essere utile, e Fiesta ne è un piccolo spaccato, con il pregio di essere raccontato da un grande della letteratura mondiale.
(1) Traduzione di Ettore Capriolo

lunedì 20 gennaio 2014

Cuore di tenebra

Cuore di tenebra
Molto spesso i film tratti o ispirati ai libri, soprattutto quando si parla di grandi romanzi, tradiscono l'opera originale. Quando il tradimento è nello spirito, trasformando la trasposizione in una semplice riproposizione delle immagini significative, a essere contento è al massimo il proprio gusto estetico, e il film può essere giudicato solo dimenticandosi del libro o del racconto di partenza. Ancora più delicata è una trasposizione che cerca di essere fedele, ma che inevitabilmente deve tagliare alcune scene: il rischio è quello di escludere pezzi importanti non solo ai fini della trama, ma soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi.
La vera sorpresa, però, c'è quando un film come Apocalypse now di Coppola risulta incredibilmente fedele nello spirito, nelle scene e nella caratterizzazione con un romanzo breve, ma intenso come Cuore di tenebra (Heart of darkness) di Joseph Conrad.
Lo scrittore polacco, successivamente naturalizzato inglese, ebbe una carriera nella marina della sua nazione d'adozione e questo indubbiamente gli permise di raggiungere una scrittura efficace nel genere dell'avventura, diventandone un maestro. Nel caso di Cuore di tenebra, Conrad scende nel profondo di un animo tormentato, un uomo che, dal suo piccolo feudo lungo le rive di un fiume africano, dall'alto di una cultura non certo superficiale, sembra ormai preda dell'avidità da un lato e di una impossibile ricerca di se stesso dall'altra, diventando di fatto gratuitamente violento e odiato da quasi tutti. Kurtz riprende in sé la tradizione di personaggi solitari e tormentati, come l'Achab di Melville o Il lupo di mare di London, ma al tempo stesso torna alle origini del genere umano grazie alla collocazione geografica proprio come farà Ballard ne Il mondo sommerso, dove però il ritorno alle origini è causato dai cambiamenti climatici. In un certo senso è questo ritorno, questa sorta di guardarsi indietro che porta alla follia, che porta alla discesa nelle tenebre, da cui non ci sarà ritorno o salvezza.

mercoledì 15 gennaio 2014

At the origin of the home computers


Home computers were a class of microcomputers entering the market in 1977, and becoming common during the 1980s. They were marketed to consumers as affordable and accessible computers that, for the first time, were intended for the use of a single nontechnical user. These computers were a distinct market segment that typically cost much less than business, scientific or engineering-oriented computers of the time such as the IBM PC, and were generally less powerful in terms of memory and expandability. However, a home computer often had better graphics and sound than contemporary business computers. Their most common use was playing video games.

martedì 14 gennaio 2014

Immagino tu sia già andato in buca

Anche nella versione teatrale, Irvine Welsh non mi delude. Una storia forte, cruda, come lo sono tutti i suoi libri. La storia di due 'soci' che rapiscono una terza persona, per saldare un conto in sospeso, o almeno così dicono. E poi entra in scena una quarta persona, la fidanzata dell'uomo rapito, che verrà contattata da uno dei due rapitori per fare un dispetto al suo fidanzato, ma alla fine il dispetto si trasforma in amore. E naturalmente non è così che finisce la storia...
Mi piacerebbe moltissimo poterlo vedere sul palco, ma immagino sarà (quasi) impossibile, per le scene troppo crude e violente... per ora mi accontento del libro!


lunedì 13 gennaio 2014

La boutique del mistero


Ritratto del califfo Mash Er Rum e delle sue 20 mogli

Di Dino Buzzati avevo letto, fino a ora, solo Poema a fumetti e La famosa invasione degli orsi in Sicilia, entrambe due favole, la prima decisamente per adulti, più oscura e macabra, la seconda, pur se presenti elementi di paura, decisamente molto più adatta per dei lettori bambini. Queste due anime di Buzzati sembrano emergere a tratti nei racconti proposti ne La boutique del mistero, che raccoglie storie che definirei gotiche più che dell'orrore, come ad esempio Eppure battono alla porta, o favolistiche, come per esempio il lungo Il cane che ha visto Dio, una specie di romanzo breve, o brevissimo, con una conclusione alla Roald Dahl. In alcuni, poi, c'è un gusto per l'humor al limite del ridicolo, come per esempio in Riservatissima al signor direttore, in cui confessa di non essere l'autore degli scritti che ha firmato, mentre in altri c'è quasi una ricerca del magico, come ne La Torre Eiffel, che in fondo è una variazione del detto orientale secondo cui a contare in un viaggio non sono i punti di partenza e di arrivo, ma il viaggio stesso. Esiste, poi, quasi in maniera ossessiva, una ricerca della morte, presente nella maggior parte dei racconti, che così oscillano tra uno squisito gusto per il macabro e una malinconia diffusa che dona alla raccolta quell'aria misteriosa che inizia sin dal titolo.

domenica 12 gennaio 2014

Paperoga e la matematica

L'autoconclusiva qui sotto è Giorgio Salati e Andrea Lucci. Racconta del rapporto particolare di Paperoga, alle prese con l'ennesimo corso per corrispondenza (questa volta via web), con la matematica. Al di là delle ovvie considerazioni su questo genere di titoli, la maggior parte dei quali lascia il tempo che trova, mi sembra giusto ricordarvi che Giorgio scrisse, tempo addietro, un piccolo articolo matematico per un mio vecchio Carnevale della Matematica. Magari dell'articolo ci faccio un pdf (che ora come ora è un semplice txt), e poi mi appunto che magari, appena mi decido se ospitarlo ancora nella solita data, gli chiedo se ha voglia di scrivere qualche altra cosa di matematico.

sabato 11 gennaio 2014

Il programma di Hilbert a fumetti

Dopo una lunga attesa sono finalmente riuscito a concludere la recensione di Enigma. La strana vita di Alan Turing di Francesca Riccioni e Tuono Pettinato (su DropSea la bozza), che ha avuto anche una appendice matematica corredata dalle pagine tratte dal romanzo a fumetti.
L'appendice, dopo una breve introduzione, riparte dalla pagina riassuntiva del famoso programma di Hilbert sulla sistematizzazione della matematica basato sul seminario che lo stesso tenne l'8 agosto del 1900 al Congresso internazionale dei matematici tenutosi alla Sorbona di Parigi. E' da questo discorso che nascono i famosi 23 problemi, di cui solo i più urgenti vennero citati dal matematico tedesco in quell'occasione.
Senza scendere troppo nel dettaglio dei problemi, vi propongo l'inizio di quel famoso discorso, un passaggio che riassume perfettamente lo spirito non solo della matematica, ma di tutta la scienza in generale:

mercoledì 8 gennaio 2014

La figlia degli elfi

La figlia degli elfi
Con Il destino del Regno la saga della Guerra degli Elfi di Herbie Brennan sembrava essersi conclusa, nonostante il finale restasse sostanzialmente aperto, invece lo scrittore fantasy britannico è stato in grado di proseguire la saga portandoci 16 anni dopo la conclusione di quel romanzo, con Henry e Aurora che sono felicemente sposati e con una figlia, Mella, che ha tutta l'intenzione di conoscere la sua famiglia umana sul Mondo Analogo, la nostra Terra. A complicare la fuga della giovane (che va sulla Terra contro il parere dei genitori, padre in primis) ci sono poi gli intrighi di Rodilegno, che è riuscito a clonare la nipote e che, ovviamente, vuole ottenere tramite quest'ultima, Mella II, il controllo sul Regno degli Elfi.
Probabilmente il meno divertente dei romanzi fin qui usciti nella saga, resta comunque brillante e leggero, ricco di situazioni al limite del comico, costituendo alla fine una lettura interessante e divertente.

martedì 7 gennaio 2014

I rompicapi di Alice: La condensazione di Carroll

Un sistema lineare è un insieme (sistema) di due o più equazioni lineari in due o più variabili che devono essere verificate tutte contemporaneamente. Esso ha una sua interpretazione geometrica molto semplice, sia in uno spazio a due dimensioni (sistema di due equazioni in due incognite) sia in uno a tre dimensioni (sistema di tre equazioni in tre incognite).
Nel primo caso risolvere un sistema lineare coincide con l'intersezione tra due rette nel piano cartesiano, mentre nel secondo caso con l'intersezione di tre piani nello spazio euclideo.
Per risolvere i sistemi lineari si possono adottare vari metodi risolutivi: si va dai classici confronto e sostituzione, che possono essere utilizzati anche per i sistemi non-lineari, alla riduzione e ai metodi di Gauss e Cramer, tutti e tre specifici per i sistemi lineari. In particolare l'ultimo è noto anche come metodo dei determinanti, e venne sviluppato nella metà del 1700 indipendentemente da Gabriel Cramer, matematico francese, e da Colin Maclaurin, matematico scozzese. Il metodo di Gauss e quello di Cramer, ad ogni modo, condividono un concetto fondamentale per la loro comprensione, quello di matrice.
Per matrice si intende una griglia di numeri che in genere viene utilizzata per rappresentare le trasformazioni, di simmetria e non, negli spazi vettoriali. All'interno di un sistema lineare è possibile costruire la matrice dei coefficienti delle variabili, chiamata, per esempio, $A$: \[A x = b\] dove $x$ è il vettore colonna delle variabili e $b$ il vettore colonna dei termini noti.
Una volta costruita questa si può capire se un sistema lineare è risolvibile semplicemente calcolando la caratteristica nota come determinante, $\det (A)$: quando questo risulta non nullo, la matrice è invertibile e quindi il sistema possiede un'unica soluzione. A questo punto si può utilizzare il metodo di Cramer, secondo cui il valore di ciascuna variabile è dato dalla formula: \[x_i = \frac{\det (A_i)}{\det A}\] dove la matrice $n \times n$ ($n$ righe, $n$ colonne) $A_i$ è costruita sostituendo in $A$ l'i-sima colonna con quella dei termini noti.
E' qui che si introduce il metodo della condensazione dei determinanti, elaborato dal reverendo Charles Dodgson, meglio noto come Lewis Carroll.
Carroll, come spesso succedeva quando si trovava di fronte a un problema di calcolo, immaginava soluzioni alternative e possibilmente più semplici rispetto alle strade usualmente battute, e il caso del calcolo di determinanti di matrici ricche di elementi (tipo $16 \times 16$ o $25 \times 25$ o anche più grandi) rientrava sicuramente tra quelli interessanti per il matematico-scrittore. La condensazione di Dodgson(1) (o di Carroll!) si concentra sulla ricerca dei singoli blocchi in cui è possibile partizionare la matrice e si basa su quattro regole:
1) Sistemare il dato blocco, se necessario, tale che nessuna cifra compaia al suo interno (qui per "interno" Carroll intende il blocco che rimane quando le prime e le ultime riga e colonna sono cancellate). Ciò potrebbe essere fatto con la trasposizione delle righe o delle colonne, o aggiungendo a certe righe i termini di altre righe moltiplicati per certi valori.
2) Calcolare il determinante di ogni minore costituito da quattro termini adiacenti. Questi valori costituiranno un secondo blocco, formato da $(n-1)$ righe ed $(n-1)$ colonne.
3) Condensare questo secondo blocco nella stessa maniera, dividendo ogni termine, quando trovato, per il termine corrispondente nell'interno del primo blocco.
4) Ripetere questo processo tante volte quanto necessario, finché il blocco è condensato a un singolo termine, che sarà il valore richiesto.(1)

lunedì 6 gennaio 2014

Del perché cani e gatti sono nemici

C'erano una volta un uomo e sua moglie che possedevano un anello d'oro. Era un anello fortunato, e chiunque lo possedeva, aveva sempre abbastanza di che vivere. Ciò, però, essi non lo sapevano, e quindi vendettero l'anello per una piccola somma. Ben presto, da che si separarono dall'anello, essi iniziarono a diventare sempre più poveri, fino al punto da non sapere quando avrebbero mangiato il prossimo pasto. La coppia aveva un cane e una gatta e anche loro erano affamati. Allora i due animali si consultarono tra loro per capire come poter riottenere la loro precedente buona sorte. Alla fine il cane ebbe un'idea:
"Devono avere indietro il loro anello", disse il cane alla gatta.
La gatta rispose: "L'anello è stato attentamente rinchiuso in uno scrigno, da cui nessuno può prenderlo."
"Devi catturare una topina", disse il cane, "che deve scavare un buco nello scrigno e tirare fuori l'anello. E se non vuole, dille che lo morderai a morte, e vedrai che lo farà."
Ciò convinse la gatta, che catturò una topina. Allora essa volle andare nella casa dove era stato portato lo scrigno, e dopo arrivò anche il cane. Essi andarono a un grande fiume. E poiché la gatta non sapeva nuotare, il cane se la caricò su e guadò il fiume con lei. Allora la gatta portò la topina nella casa in cui era conservato lo scrigno. La topina scavò un buco nello scrigno, e portò fuori l'anello. La gatta portò l'anello nella sua bocca e tornò verso il fiume, dove il cane la stava aspettando, e quindi guadò il fiume insieme a lei. Allora si avviarono insieme verso casa, con l'obiettivo di portare l'anello fortunato ai loro padroni. Purtroppo il cane poteva correre solo sulla terra: quando c'era una casa lungo la strada doveva sempre aggirarla. La gatta, invece, saltava velocemente sui tetti, e così raggiunse la casa prima del cane, e portò l'anello alla sua padrona.
Allora l'uomo disse alla moglie: "Che buona creatura che è questa gatta! Le daremo sempre abbastanza da mangiare e la cureremo come se fosse un nostro figlio!"
E quando il cane tornò a casa, essi lo picchiarono e lo sgridarono, poiché non aveva aiutato a riportare l'anello a casa. E la gatta sedeva sul camino, e faceva le fusa senza dire una parola. Allora nel cane crebbe odio per la gatta, poiché gli aveva rubato la sua ricompensa, e quando la vedeva, la inseguiva e cercava di afferrarla.
E da quel giorno cani e gatti sono nemici.
Mia traduzione della fiaba Why dog and cat are enemies tratta dal volume The chinese fairy book del 1921

domenica 5 gennaio 2014

Golden Bat: un Batman coreano

Dopo Bat Manga!, ecco un'altra curiosità batmaniana dall'oriente: il Golden Bat coreano. Un supereroe particolare, che non si sa se autore e editore hanno chiesto i permessi, che condivide con l'originale Batman semplicemente il costume e il coraggio, ma per il resto sembra una versione orientale di Lanterna Verde(1):
In effetti questa versione aggiornata dell'originale Golden Bat della fine degli anni Sessanta del XX secolo:
Una delle prime produzioni animate televisive ad essere trasmesse in Corea fu una serie del 1967 chiamata Golden Bat, un cartone supereroico piacevolmente inquietante su un agente della giustizia, l'ultimo atlantideo sopravvissuto, e la sua lotta contro il male, con indosso la maschera di un teschio ghignante, ovviamente dorata.
(via Geekosytem, Topless Robot)
Un approfondimento dettagliato della sua storia e di come si è arrivati alla versione batman-style lo si trova su A Brief History of Korean Animation di Thomas Giammarco:
Il Pipistrello d'oro (Golden Bat) ha esordito nell'estate del 1986. Molti siti web sull'animazione coreana, e anche il database del Korean Film Archive (l'archivio dei film coreani), lo classifica come una coproduzione coreano-giapponese, anche se non è questo il caso.

sabato 4 gennaio 2014

Introducing: Wittgenstein

Leggere la biografia a fumetti di Ludwig Wittgenstein non è per nulla semplice, nonostante (o forse proprio a causa del) il lavoro certosino di John Heaton, che studiò al Trinity College seguendo lezioni di Bertrand Russell, e le splendide illustrazioni di Judy Groves.
Andiamo, però, con ordine: Wittgenstein, edito dalla Feltrinelli in una serie di biografie a fumetti di grandi personaggi (fanno compagnia al logico e filosofo austriaco anche Einstein, Darwin, Freid, Jung), si suddivide sostanzialmente in due linee narrative, quella biografica e quella filosofica.
Wittgenstein è un giovane austriaco interessato di ingegneria che viene spedito dalla famiglia in Inghilterra nella speranza che riesca a combinare qualcosa di buono. Qui va a studiare al prestigioso Trinity College di Cambridge: per sua fortuna proprio negli anni in cui Bertrand Russell insegnava logica e matematica. Il loro rapporto fu più simile a quello di due amici che non quello di insegnante e allievo, anche se è indubbio che Wittgenstein imparò molto da Russell, soprattutto quella logica che fu la base della sua prima opera, il Tractaus logico-philosophicus, che venne pubblicato dopo molte difficoltà nel 1922 e solo dopo l'intervento di Russell, che aveva ottenuto enorme successo con la pubblicazione dei tre volumi dei Principia (il primo edito nel 1910), e che non poteva prevedere l'arrivo, di lì a quasi un decennio, dei teoremi di incompletezza di Godel che, in un certo senso, ne avrebbero distrutto la creazione.
Per certi versi si potrebbe dire che proprio il successo di Russell, in un'atmosfera in cui si riteneva ormai prossimo a conclusione il programma matematico tracciato a inizio secolo da Hilbert(1), influenzò e spinse Wittgenstein verso la logica e la filosofia, il cui approccio era però più scientifico e logico della media dei filosofi. Wittgenstein, infatti, si interessò al pensiero umano e all'uso del linguaggio, in particolare nella sua ultima opera, Ricerche filosofiche (ad esempio ecco il pdf dell'edizione inglese), pubblicato due anni dopo la sua morte (e sarebbe stata l'ultima opera firmata da Wittgenstein se avessero seguito le sue disposizioni, bruciando i suoi appunti). In questo caso, però, il filosofo prova a costruire un metodo differente per esaminare le situazioni, in particolare quelle legate con l'attività del pensare e poi dell'esprimere i propri pensieri.

venerdì 3 gennaio 2014

La lunga pausa caffè dell'anima

La lunga oscura pausa caffè dell'anima (Dirk Gently, #2)
Metti una ragazza che prova a raggiungere il fidanzato (o qualcosa del genere) in Norvegia. Metti un dio nordico, uno di quelli che abitano Asgard, un po' irrequieto e decisamente tanto ottuso (giusto per essere gentili). Metti un altro dio nordico, sempre uno di quelli che abitano Asgard, ma che ha deciso di soggiornare sulla Terra, che a un certo punto deve occuparsi di alcuni affari in sospeso, incluso il dio di prima (che per inciso è il figlio) e un contratto con una sorta di demoni (o forse affaristi, o qualcosa del genere). Metti una morte misteriosa in una camera chiusa, un'aquila insistente che vorrebbe chiedere aiuto ma non sa come comunicarlo, metti poi un detective olistico che deve indagare su tutto questo, magari salvando l'universo, alla fine, come sempre del resto.
Metti tutto quanto nella testa di un grande scrittore e quello che ne uscirà sarà il secondo capitolo della saga di Dirk Gently. Di Douglas Adams, of course.
Nessun investigatore privato ha l'aria dell'investigatore privato. Questa e' una delle regole fondamentali dell'investigazione privata.

giovedì 2 gennaio 2014

Cacciatori di sogni

Hayao Miyazaki è uno degli animatori giapponesi più famosi al mondo. I suoi lungometraggi, ricchi di avventure ed emozioni, sono delle visioni perfette per tutta la famiglia, ottimi per essere ammirati in maniera genuina dai bambini e con sottotrame interessanti anche per gli adulti. Questo in un certo senso permette di essere sicuri della qualità del prodotto che il suo studio di animazione propone e ne semplifica anche la diffusione a livello mondiale, anche solo con passaggi attraverso rassegne cinematografiche più o meno minori.
Quando i suoi lungometraggi arrivano all'estero, così come qualsiasi lungometraggio che viene esportato in paesi dalla lingua differente rispetto a quella di origine, devono inevitabilmente essere adattati e tradotti per il paese ospitante. Caso volle che per l'uscita de La Principessa Mononoke Harvey Weinstein della Miramax chiese a Neil Gaiman di lavorare all'edizione in inglese del film. Lo scrittore britannico, ben felice di essere coinvolto nel progetto, iniziò una approfondita ricerca nel mondo mitologico giapponese, incontrando all'interno del volume Fairy Tales of Old Japan(1), curato dal reverendo B. W. Ashton, la storia de La volpe, il monaco e il Mikado dei sogni di tutte le notti. A detta di Gaiman la storia presentava tutti gli elementi del suo Sandman, così quando Karen Berger chiese a Gaiman di scrivere un racconto per il decennale di Sandman, lo scrittore chiese di adattare proprio quella leggenda giapponese. Per le illustrazioni del libro volle al suo fianco Yoshitaka Amano, artista giapponese che era stato chiamato poco tempo prima da Jenny Lee per realizzare delle illustrazioni sempre per il decennale della serie gaimaniana.
Il risultato è una splendida favola, magicamente illustrata, ambientata nel Giappone medievale, che inizia con la sfida tra un tasso e una volpe per prendere possesso di un tempio abitato solo da un monaco, che ovviamente doveva essere scacciato via.
Un monaco viveva in solitudine vicino a un tempio sul pendio di una montagna. Era un piccolo tempio, e il monaco era un giovane monaco, e la montagna non era né la più bella né la più solenne del Giappone.
Il monaco custodì il tempio e trascorse i suoi giorni in pace e tranquillità fino al giorno in cui una volpe e un tasso passarono nei paraggi e videro il monaco che zappava l'orticello di patate dolci con cui si nutriva per la maggior parte dell'anno.
L'impresa non solo si rivelerà difficile, ma sarà solo un antipasto per la sfida successiva, o dal punto di vista letterario un semplice espediente per presentare i personaggi positivi della storia, il monaco e la volpe, prima di introdurre il cattivo, una presenza costante in ogni favola che si rispetti.
Lontano sia da sud che da occidente, nella sua casa di Kyoto, il Maestro di Yin-Yang, l'onmyoji, accese una lampada su un tavolino, sul quale aveva sistemato una pezza di seta dipinta, e su quella uno scrigno laccato e una chiave di legno nero. Sistemati in direzione dei cinque punti cardinali della bussola, c'erano cinque piattini di porcellana: su tre c'erano delle polverine, su uno una goccia appena di un liquido e sull'ultimo piattino niente di niente.

mercoledì 1 gennaio 2014

La mortale ironia della polvere da sparo

Nella metà del non secolo, i chimici cinesi, al lavoro per cercare una pozione dell'immortalità, inventarono invece la polvere da sparo. Essi scoprirono presto che questa polvere altamente infiammabile era ben lontana dall'essere un elisir di lunga vita: essi la utilizzarono per le bombe contro gli invasori Mongoli, e il resto è storia. Eric Rosado racconta come la polvere da sparo ha causato devastazioni intorno al mondo, nonostante l'incandescente bellezza dei fuochi d'artificio.