Stomachion

giovedì 31 gennaio 2013

Ritratti: Thomas Harriot

Una delle più importanti rivoluzioni che il mondo ha visto è stata quella scientifica, fatta di storie piccole che con la forza della conoscenza hanno modificato alcuni aspetti della vita quotidiana. Il periodo però chiave per questa rivoluzione, quanto meno dal punto di vista Occidentale, parte con la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Se, infatti, si contano scienziati che, più o meno separatamente, anche nel tempo (vedi Jabir ibn Hayyan), hanno cercato di introdurre elementi sistematici nelle discipline scientifiche, è proprio in questo lasso di tempo che iniziano a farsi largo una serie di figure storicamente importanti per la scienza in generale. E molti di questi personaggi ebbero anche problemi con le istituzioni religiose, o comunque con il pensiero comune del tempo. Ad esempio Leonardo da Vinci, che anticipò la rivoluzione scientifica di mezzo secolo almeno, portava avanti più o meno clandestinamente le sue operazioni di dissezione dei cadaveri (7). Di Galileo, Kepler, Copernico le difficoltà in vita con la Chiesa sono, poi, note. E difficoltà analoghe le ebbe anche Thomas Harriot, matematico, astronomo, navigatore britannico, che venne accusato in maniera più o meno esplicita di ateismo insieme con sir Walter Raleigh, al cui servizio lavorò come navigatore, in particolare per alcune spedizioni nel nuovo mondo. In particolare sembra che fece parte di una prima spedizione che, salpata verso la famosa Roanoke, doveva preparare il terreno per la prima colonia britannica nelle terre scoperte da Colombo nel 1492. Ciò che è certo è che al suo rientro in patria scrisse e pubblicò nel 1588 un resoconto, A Briefe and True Report of the New Found Land of Virginia, che però sembra essere solo una versione breve di un più ampio e dettagliato resoconto, rimasto introvabile(1).
E' in ogni caso questo il momento in cui arrivano su Raleigh le accuse di ateismo, che inevitabilmente allontanano il matematico dall'esploratore. Harriot si era avvicinato a Raleigh grazie alla sua laurea in matematica, che dallo studio di alcuni documenti ufficiali, ha conseguito nel 1580 a Oxford, dove si era iscritto tre anni prima all'età di 17 anni. Thomas riuscì a far fruttare questa laurea nel campo della navigazione, anche grazie all'interesse di Raleigh nello sfruttamento della disciplina per migliorare la navigazione, come scrive ad esempio Hakluyt:
Ever since you perceived that skill in the navigator's art, the chief ornament of an island kingdom, might attain its splendour amongst us if the aid of the mathematical sciences were enlisted, you have maintained in your household Thomas Harriot, a man pre-eminent in those studies, at a most liberal salary, in order that by his aid you might acquire those noble sciences in your leisure hours ...(1)
I progressi ottenuti da Harriot, e quindi la fiducia nelle sue capacità, non si fanno attendere, come testimoniato da Pepper:
... he solved the problem of reconciling the sun and pole star observations for determining latitude, introduced the idea of using solar amplitude to determine magnetic variation and, as well as improving methods and devices for observation of solar or stellar altitudes, he recalculated tables for the sun's declination on the basis of his own astronomical observations. ... he produced a practical numerical solution of the Mercator problem, most probably by the addition of secants ...(1)
La fama di Raleigh di miglior navigatore del suo tempo è dunque dovuta essenzialmente ai progressi di Thomas Harriot, che nel momento in cui il suo primo mecenate iniziò a perdere potere, decise di cambiare datore di lavoro, passando alle dipendenze di Henry Percy, duca di Northumberland. Il rapporto con Percy gli permise di entrare a far parte della casta della nobiltà terriera, ovvero di quella fascia di popolazione che, pur non avendo alcuna origine nobiliare, era riuscita ad ottenere dei possedimenti.(1)
In questa situazione economicamente stabile il matematico scoprì una serie di risultati, che però non gli furono completamente attribuiti a causa di una mancanza di pubblicazione degli stessi. Uno degli esempi in questo senso è certamente la legge di rifrazione, che oggi porta il nome di legge di Snell e scoperta da questi nel 1621, ovvero 20 anni più tardi, come risulta dagli appunti, della scoperta di Harriot. La stessa scoperta di Snell venne pubblicata nel 1637 e non da Snell, ma da Cartesio.(1)
Un altro problema ottico che interessò Harriot fu il problema di Alhazen.
Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, noto anche come Ibn al-Haytham o al-Basri, latinizzato in Alhacen e poi divenuto anche Alhazen, è stato un filosofo, astronomo e matematico arabo vissuto tra la fine del primo e l'inizio del secondo millennio. Uno dei suoi principali interessi fu nell'ottica, della quale è considerato uno dei padri, raccogliendo le sue osservazioni in un trattato, pubblicato in latino con il titolo Opticae thesaurus(3). Il trattato venne pubblicato in Occidente per la prima volta nel 1572 e il problema con la sua soluzione vengono raccontati alle pagine 144-148 di quell'edizione, nelle proposizioni 34, 38 e 39(3). Il problema possiamo così enunciarlo:
Given a luminous point and a point of vision unequally distant from the center of a convex spherical mirror, determine the point of reflexion(4).
che da un punto di vista matematico diventa
From two points in the plane of a circle, to draw lines meeting at a point in the circumference and making equal angles with the tangent drawn at that point(3)
E' interessante come molti illustri matematici, fisici e astronomi si sono interessati al problema e a cercarne una soluzione. Oltre allo stesso Alhazen, si trovano dimostrazioni di gente come L'Hospital, Hutton (che ne ha dato una dimostrazione trigonometrica), Charles Huygens (la cui soluzione è ritenuta, da Baker, la più elegante(3) tra tutte quelle che ha visionato) e Barrow, che secondo Fenton riscoprì metodi già utilizzati proprio da Harriot(5).
Le versione del problema di Alhazen risolta da Harriot è semplificata:
A point $A$ is fixed on the lower periphery of a circle with horizontal diameter $DD'$ and is joined to a variable point $X$ on the upper periphery, intersecting $DD'$ at $Y$.(5)
The first problem is to choose $X$ so that $XY$ is as large as possible, and the second is to choose $X$ in such a way that $XY$ is bisected by the diameter perpendicular to $DOD'$.(5)
Seguendo Lohne, i due problemi sopra citati hanno portato Harriot alla medesima soluzione, che Fenton prova a ricostruire utilizzando argomentazioni geometriche presenti nel V libro delle Coniche di Apollonio insieme con considerazioni di tipo infinitesimo, nel senso che le piccole distanze coinvolte sono ignorate nella dimostrazione(5): in questo senso si può dire che Harriot ha utilizzato il calcolo infinitesimo, che in effetti ancora doveva essere pienamente sviluppato.
E' molto interessante come Harriot anticipò non solo Newton sul calcolo infinitesimo (per quel che valgono le supposizioni di Fenton), ma anche il nostro Galileo, in particolare nell'osservazione del moto parabolico: quando era alle dipendenze di Raleigh, infatti, si interessò anche della balistica e quindi studiò il moto dei proiettili, riuscendo a dedurre il ruolo dell'attrito dell'aria e della gravità sulla traiettoria, che riconobbe come parabolica. Non fece, però, il salto di qualità di Galileo:
Somehow, he could not force himself to abandon the Aristotelian idea that heavier bodies fell at a faster rate than lighter ones.(1)
Il periodo politico non proprio tranquillo all'inizio del 1600, però, lo costrinse a interrompere i suoi lavori di ricerca: a causa del suo legame con Raleigh, che venne fatto arrestare e messo sotto processo dal re Giacomo I, successore di Elisabetta I, si trovò coinvolto nel processo al suo vecchio datore di lavoro, ma la sua testimonianza non fu per nulla sufficiente per aiutare Raleigh, visto che lo stesso Harriot era visto come ateo(1).
Il periodo, però, non era per nulla tranquillo: il matematico, dopo un periodo di prostrazione a causa causato degli eventi in cui era coinvolto insieme con Raleigh, venne sospettato di far parte del complotto che portò all'attentato del 4 novembre 1605 portato al Parlamento da un gruppo guidato da Guy Fawkes, cui si suppose facesse parte anche il nipote di Henry Percy, Thomas. In tutto questo sospettare, Harriot venne arrestato e imprigionato a Gatehouse dove rimase fino alla fine del 1605, visto che nel 1606 lo troviamo al lavoro questa volta sulla scomposizione della luce e su una teoria dell'arcobaleno, che interessò anche Kepler. L'astronomo polacco cercò anche di iniziare una corrispondenza con il britannico, ma senza alcun successo.(1)
In un certo senso la strada con Kepler continuò a incrociarsi quando il 17 settembre del 1607 fece la sua comparsa la oggi nota cometa di Halley: le sue osservazioni, fatte insieme con William Lower, potrebbero essere alla base dei calcoli sull'orbita della cometa realizzati da Bessel(1).
Il cielo continuò a interessarlo e molte delle sue osservazioni sono, in effetti, identiche a quelle fatte da Galileo più o meno nello stesso periodo. Riguardo la Luna realizzò una serie di schizzi il 26 luglio del 1609 con un telescopio con ingrandimento 6, e altri ancora il 17 luglio del 1610, con un telescopio di ingrandimento 10. Successivamente migliorò lo strumento portandolo prima a 20 e poi, nell'aprile del 1611, a 30(1). Certo i suoi schizzi, che possono essere considerati come la prima mappa propriamente detta della Luna, non erano dettagliati quanto i disegni realizzati da Galileo, che risulta in ogni caso il primo ad aver disegnato la faccia della Luna con grandissima precisione(8).
Altre osservazioni interessanti sono quella legate alle lune di Giove, avvenute tra il 17 ottobre del 1610 e il 26 febbraio del 1612: molto probabilmente egli era già a conoscenza della scoperta di Galileo di questi satelliti(1).
Gli ultimi lavori scientifici e astronomici di Harriot riguardano le macchie solari, che fu il primo ad osservare grazie a 199 osservazioni fatte tra l'8 dicembre 1610 e il 18 gennaio 1613. Il britannico scoprì le macchie durante una delle osservazioni dei satelliti di Giove e utilizzò i dati raccolti per dedurre il periodo di rotazione del Sole. Ad ogni modo, probabilmente anche a causa delle difficoltà politiche che coinvolgevano i suoi amici, Harriot, a partire dal 1614, ridusse sempre di più le sue osservazioni fino a concluderle nel 1618, anno della morte di Raleigh(1).
L'opera probabilmente più importante di Harriot è però Artis Analyticae Praxis, ad aequationes algebraicae nova methodo resolvendas, di cui è possibile trovare una traduzione dal latino all'inglese di Ian Bruce. E' in questa opera che Harriot codifica il metodo per calcolare le soluzioni delle equazioni quartiche. A tal proposito, come osserva John Crossley(6), Harriot aveva già incontrato le radici quadrate dei numeri negativi, accettandole, senza esitazioni, come possibili soluzioni delle equazioni. A titolo di esempio, metto qui una equazione risolta da Harriot(1): \[a^4 - 6a^2 + 135a = 1155\]
\[a^4 -2a^2 + 1 = 4a^2 -136a + 1156\] \[a^2 - 1 = 2a - 34\] \[33 = 2a - aì2\] \[a^2 - 2a = -33\] \[a^2 - 2a + 1 = +1 - 33\] \[a-1 = \sqrt{-32}\] \[1 - a = \sqrt{-32}\] \[a = 1+\sqrt{-32}\] \[a = 1-\sqrt{ -32}\]
\[a^2 - 1 = 34 - 2a\] \[a^2 + 2a = 35\] \[a^2 + 2a + 1 = 1 + 35\] \[a + 1 = \sqrt{36}\] \[a = \sqrt{36} - 1 = 5\]
\[-a - 1 = \sqrt{36}\] \[a = -\sqrt{36} - 1 = -7\] Come potete notare Harriot distingueva già tra soluzioni differenti, mentre per quel che riguarda le equazioni di terzo grado, osservò come, se una equazione aveva soluzioni $a$, $b$, $c$, questa poteva essere scritta come $(x-a)(x-b)(x-c)=0$(1).
In definitiva Harriot fu uno scienziato dai molteplici interessi, dall'ottica, alla balistica, all'astronomia fino alla matematica, dove in particolare riuscì a raggiungere avanzamenti importanti per l'epoca, ma che non vennero diffusi sufficientemente a causa della sua reticenza a pubblicare i risultati. Il suo testo algebrico, infatti, venne pubblicato postumo.
(1) J J O'Connor, E F Robertson, Thomas Harriot
(2) Wikipedia: Thomas Harriot
(3) Marcus Baker (1881). Alhazen's Problem American Journal of Mathematics, 4 (1/4), 327-331 DOI: 10.2307/2369168
(4) History of Alhazen's Problem, Science, Vol. 2, No. 65 (Sep. 24, 1881), pp. 456-457
(5) Fenton P.C. (1989). An extremal problem in Harriot's mathematics, Historia Mathematica, 16 (2) 154-163. DOI:
(6) John N. Crossley, The emergence of number
(7) Corriere e Museo Scienza
(8) Secondo Allan Chapman, la mappa di Harriot è spettacolare, meglio di qualunque cosa prodotta da Galileo. Non so a voi, ma a me sembra un po' discutibile come affermazione. Ad ogni modo, sulla stessa linea di pensiero, troviamo anche sir Patrick Moore

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